Archivio per: 2024

La mostra prende spunto dalla riflessione per cui tutti abbiamo necessità di avere dei ricordi e di conservare quelli dell’infanzia in un luogo mentale, segreto e intimo. Un’infanzia vissuta, immaginata, desiderata o mai avuta. Gli artisti riflettono spesso in modo psicanalitico su questo momento della vita che
può rappresentare per ognuno di noi un passaggio vitale crudele, dolce, differente e importantissimo.
Dal ricordo scatenante della madeleine proustiana parte la riflessione sul mondo meraviglioso dei ricordi dell’infanzia e della fanciullezza. Una sorta di delicata nostalgia, un desiderio mai sopito di continuare in quello stato di grazia, una voglia di rivivere in altro modo quel momento particolare della vita, alberga negli artisti invitati che lo hanno idealizzato e ne hanno fatto il perno centrale della loro ricerca.

In Odonchimeg Davaadorj è la famiglia lontana che genera ricordi e desideri espressi in nuclei precisi di corpi accoppiati da cui si generano famiglie e situazioni affettive.
Edi Dubien attende ancora la sua parte di infanzia, che gli era stata negata dalla sua nascita in un corpo femminile non accettato e mutato in uno maschile con un’operazione di cambio di genere.

Julia Haumont desidera perpetuare una situazione infantile di “fanciulla in fiore” in cui sta per sbocciare quella sessualità intrigante, perversa e incosciente da Lolita.

Giusy Pirrotta inserisce il suo mondo personale nelle radici profonde della tradizione e delle pratiche magiche ancestrali in cui la fantasia dei bambini può dare spazio ai sogni e ai desideri, anche quelli peggiori, in forma di incubi. L’affresco globale che scaturisce da questa mostra è quello di un’infanzia interrotta in cui ognuno vorrebbe ritrovare silenzio e serenità, lontananza e alienazione da questo mondo che ci atterrisce e ci turba profondamente.

Il Museo Ettore Fico programma la mostra Afrika Now da giovedì 8 marzo a domenica 30 giugno 2024 con cinque mostre personali di importanti artisti di origine africana e della Guadalupa già rappresentati in Europa da importanti gallerie internazionali: Bouvy Enkobo, Victor Fotso Nyie, Elladj Lincy Deloumeaux, Salifou Lindou e James Mishio.

Le cinque mostre vogliono offrire una panoramica e un focus sulle nuove generazioni che sviluppano una ricerca, soprattutto in campo figurativo, pittorico e scultoreo. Tutte le opere inedite sono presentate per la prima volta in un museo in Italia e la maggior parte di esse sono state create appositamente per questo
appuntamento.
Cinque volumi monografici verranno editati per l’occasione e racchiusi in un unico cofanetto anche se la loro esistenza sarà autonoma e indipendente dalle altre. Gli artisti invitati hanno come tema e poetica dominante nelle loro opere la figura umana e in particolare modo il ritratto. Spesso sono autoritratti in cui l’artista interpreta differenti personaggi, divenendo attore e protagonista dell’opera, ma anche paradigma di una realtà estendibile a tutta la comunità nera, sia che abiti in Africa, sia che abiti in Europa o in altri Paesi. Le opere sono tutte di grande formato, come a voler asserire una presenza ancora più forte, socialmente e politicamente, e propongono la vita reale secondo le poetiche personali dell’artista, intimamente legate alla realtà vissuta nella sua quotidianità.

Problemi politici, legami famigliari, presenze sociali, affetti e storie comuni, vengono illustrati con un peculiare tratto pittorico e un’autonomia estetica che, pur partendo da stilemi ormai consolidati internazionalmente, risultano inconfondibilmente legati al Grande Continente e alla realtà nera.
Le opere pittoriche e quelle scultoree sono pregne di materia, anche la più sublime come l’oro, in patina, o l’argento, evocato spesso con la carta stagnola e le lamiere. Tratti energici e materici si sviluppano e si accavallano sulle opere per dare ancora più forza al tratto e al segno per ribadire come il gesto e la presenza dell’artista siano parte integrante dell’opera, una sorta di estensione del pensiero attraverso la postura del corpo, la gestualità del braccio e, infine, la forza della mano che utilizza il pennello e la spatola come protesi della dinamicità creativa.

I cinque artisti sono diversi e differenti ma appaiono come allievi o maestri della stessa scuola espressiva. Il continente africano e il continente europeo si sovrappongono e si mescolano fino a divenire altro, come per la scultura greca ellenistica che a Roma, nei secoli prima e dopo Cristo, trova nuova linfa e riscrive a modo proprio la storia dell’arte.
È evidente che gli artisti non hanno potuto fare a meno di nutrirsi di cultura internazionale e creare attraverso le influenze estetiche e formali occidentali, ma se rimandiamo la nostra memoria ai primi anni del Novecento, non possiamo fare a meno di pensare a Picasso e al Cubismo per trarre conclusioni simili.

Tutto il tessuto delle avanguardie storiche ha potuto rigenerarsi con l’estetica africana e ora le nuove generazioni compiono il percorso inverso, rigenerandosi attraverso la nostra cultura e proponendosi come programma nuovo per questo millennio.
Tutti gli artisti si fanno portatori di tematiche sociali, più o meno evidenti, perché, fondamentalmente, la problematica etnica non è ancora risolta, così come quella della coesistenza religiosa e della convivenza dei popoli. Eppure, in un terreno pressoché “neutrale” come quello dell’arte si potrebbero far coesistere culture differenti, etnie lontane e stili di vita e di pensiero anche opposti.
Il nostro compito è quello di far conoscere e veicolare verso il pubblico realtà che altrimenti non si conoscerebbero e non si incontrerebbero.