Archivio per: 2015

La poetica di Ettore Fico si è espressa attraverso un vasto corpus di dipinti, tempere, acquerelli, pastelli, incisioni e disegni di un mondo intimo e privato, pochissimo popolato, abitato, più che da persone, dagli oggetti dello studio, dai fiori del suo giardino, dagli animali e da impressioni coloristiche in bilico tra realtà e irrealtà.

Per questa nuova mostra al museo a lui dedicato, abbiamo voluto porre l’attenzione su un periodo particolarmente fortunato della sua produzione, quello degli anni Sessanta, in cui le spesse superfici pastose della materia pittorica si aggrappano al supporto della tavola e della tela frammiste a sabbia, terra ed elementi vetrosi che aumentano il volume della massa colorata in bassorilievi coloristici e fisicamente presenti come elementi principali delle composizioni.

Il ricco e stimolante tema della Vanitas, rivisitato attraverso un innovativo percorso, prevede l’esposizione di oltre cinquanta opere di grandi maestri – da Baschenis a Solimena, da Murillo a Cagnacci, realizzate tra la fine del XVI secolo e il XVIII secolo – che affrontano il tema della caducità della vita e l’essenza effimera delle vanità umane.

L’importante nucleo di opere è messo a confronto con una selezione di lavori di artisti contemporanei internazionali – provenienti dalla donazione di Renato Alpegiani che quest’anno ha arricchito le collezioni permanenti del MEF – il cui perno ruota attorno al tema del passaggio dalla vita alla morte, tra aldiquà e aldilà. I trentasei artisti, presenti in mostra con fotografie, installazioni, sculture e dipinti, vanno da Carol Rama a Danh Vo, da General Idea a Thomas Saraceno, da Santiago Sierra a Maria Lai.

Dalle nature morte ai dipinti barocchi di figura tutto riconduce, sia nell’arte antica che nelle opere contemporanee, al file rouge della mostra che è completata da dodici fotografie di Fred Goudon che ritraggono i principali atleti del rugby internazionale.

Il silenzio delle cose
Vanitas, allegorie e nature morte da collezioni italiane
a cura di Davide Dotti

Non la parola fine ma la fine delle parole
La donazione Renato Alpegiani
a cura di Andrea Busto e Lorena Tadorni

Corpi atletici – Dieux du Stade
Fotografie di atleti di Fred Goudon
a cura di Andrea Busto

The Messengers of Gravity
Opere site-specific di Luca Pozzi
a cura di Gianluigi Ricuperati

Think of me, sometimes
Performance di Ruben Montini e Alexander Pohnert
a cura di Andrea Busto

La mostra propone alcuni lavori che hanno come tema predominante il Mediterraneo e i numerosi viaggi dell’autore nella culla della nostra antica civiltà.

La vocazione mediterranea di Ettore Fico è testimoniata da alcune serie tematiche ricorrenti all’interno della sua variegata produzione artistica. A partire dagli esordi, il pittore comincia a dipingere con toni terrosi e spenti una natura afosa del Maghreb e contemporaneamente immortala i suoi commilitoni.

Tra la fine degli anni Cinquanta e l’inizio dei Sessanta, l’artista frequenta assiduamente la costiera amalfitana e ne ritrae la rudezza e il folklore. Non mancano infine i contorni del litorale ligure, della Provenza e della Camargue francesi, impiegando una gamma di colori più calda e suadente.

L’esposizione presenta il primo tentativo di analisi attraverso una prospettiva storica della generazione di artisti italiani attivi tra la fine degli anni Ottanta e l’inizio degli anni Duemila.

Un periodo, dalla caduta del muro di Berlino (9 novembre 1989) al crollo delle torri gemelle a New York (11 settembre 2001) in cui società e cultura hanno conosciuto cambiamenti particolarmente intensi, in attesa di un altro cruciale passaggio, l’avvento di un nuovo secolo e di un nuovo millennio.

In mostra una generazione di artisti che, rispetto a quelle precedenti, pratica una grande libertà stilistica, formale e di contenuti, passando dalla pittura al video, dall’installazione alla scultura, dalla fotografia all’oggetto.

Un ricco percorso multidisciplinare tra arte, design e costume per raccontare l’affascinante storia di un materiale che ha profondamente segnato e condizionato il nostro tempo e le nostre abitudini. Gli oggetti e le opere in mostra costituiranno una sorta di atlante del contemporaneo.

Con una selezione di 186 opere il MEF – Museo Ettore Fico ha il piacere di presentare, in collaborazione con la Donation Jacques Henri Lartigue, una mostra antologica di uno dei più significativi fotografi del Novecento.

La mostra, realizzata a partire da 130 album originali di Lartigue, ripercorre il destino unico di questo fotografo il cui talento ora indiscusso venne riconosciuto tardivamente, all’età di 69 anni. La mostra è composta da 136 fotografie in grande formato e da 50 pagine d’album dell’epoca (1912 – 1922) che permettono di vedere le immagini nel contesto originale. Una selezione di opere emblematiche che ripercorrono tutta la storia del Novecento e le origini della fotografia contemporanea.

Copertoni, sedie, tavoli, panchine, cassonetti della spazzatura, arredi urbani dismessi, imballaggi… Sono questi i materiali scultorei preferiti da Anita Molinero, esposti nella loro grezza povertà nei primi lavori degli anni Ottanta e poi manipolati, tagliati e plasmati attraverso il fuoco nella produzione successiva.

La mostra Anita Molinero comprende opere e installazioni che presentano una panoramica di lavori realizzati recentemente e disseminati negli spazi di tutto il Museo, in dialogo con la mostra Plastic Days.

L’artista realizzerà inoltre una serie di sculture site-specific con materiali plastici – in particolare cassonetti della spazzatura, elementi di carrozzeria automobilistica come paraurti, fari, fanali – recuperati durante la sua permanenza a Torino.

Anita Molinero per K-Way BasicNet

Con la mostra di Anita Molinero iniziano le incursioni del MEF nei territori della creazione contemporanea. Muovendosi dalla mission di un museo che non vuole essere “solo museo”, ma un vivace luogo di scambio e un attivatore di processi creativi, il MEF inaugura una serie di collaborazioni trasversali, partendo dalla moda.

Primo partner, lo storico marchio di abbigliamento BasicNet. Per l’occasione, la casa torinese realizzerà un k-way progettato da Anita Molinero: l’impermeabile sarà prodotto esclusivamente durante il periodo della mostra, diventando un vero e proprio multiplo indossabile.

Per alcuni mesi, sui marciapiedi di Barriera di Milano, sono comparsi disegni magici, cerchi sull’asfalto realizzati con semplici gessetti. Fiori nel deserto, piccoli gesti di bellezza.

In mostra nelle sale di B-ARS, la caffetteria-bistrot del MEF, una serie di 8 “protocolli” di Alessandro Bulgini: documenti fotografici delle azioni realizzate dall’artista nello spazio urbano.

Giacomo De Vito nasce nel 1976 a Milano.

Nel 2006 si è diplomato in illustrazione allo IED, l’Istituto Europeo di Design. Da lì a poco le sue opere iniziano a palesare l’interesse per il cubismo e l’espressionismo, rimanendo caratterizzate da una spontaneità che conserva la brutalità dell’ispirazione. Nel 2010 si tiene la sua prima mostra personale, dal titolo “Maschere e Trasfigurazioni”, curata da Françoise Calcagno, mentre nel 2012 partecipa a “Lo Stato dell’Arte”, Padiglione Italia, Biennale di Venezia, a cura di Vittorio Sgarbi con la presentazione di Jean Blanchaert.

Le tecniche di cui si avvale sono l’acrilico e il pastello ad olio, impiegati sia su carta che su tela. Il linguaggio di De Vito privilegia i colori accesi, aspri, antinaturalistici, i volumi semplificati dai contorni pesanti, frutto di un segno aggressivo, irregolare, deformato. Le disarmonie e le alterazioni affermano un’estetica primitiva, rude, perturbata, volta ad esprimere la propria interiorità senza edulcorazioni o idealizzazioni.

Del 2018 è la mostra “Burning down the house” presso la Galleria Gli Acrobati a Torino, curata da Francesco Sena. Nella serie di lavori più recenti l’artista impiega anche la tecnica del collage, sovrapponendo alla pittura tessuti di vario genere.

Giacomo De Vito vive e lavora a Torino.

Le opere del duo torinese Alis/Filliol, allestite negli ampi e scenografici spazi del MEF, dialogano con le opere di Ettore Fico per creare un ponte tra pittura e scultura, tra moderno e contemporaneo, mettendo a confronto i diversi processi della produzione artistica.